effettivamente il legarsi in maniera indissolubile al nostro passato culturale diviene (almeno negli ambienti culturalmente più attivi (accademie e atenei)) un limite quando dovrebbe essere invece un punto di partenza per compiere quel processo evolutivo che ha contraddistinto l'intera storia dell'architettura (basti pensare al passaggio dall'architettura romanica al gotico e quindi al rinascimento e poi barocco e infine neogotico).
il problema della contemporaneità, se vogliamo, sta nella velocità con cui questo processo di cambiamento/maturazione avviene, infinitamente maggiore di quanto non accadesse prima, tanto da impedire qualsiasi tipo di codificazione del linguaggio architettonico. da qui, a mio avviso l'impossibilità di formare un codice contemporaneo per l'architettura, che a molti fa spavento o da fastidio, in quanto fa venir meno un senso di appartenenza ad una corrente ben definita e canonizzata, caratterizzata da un linguaggio certo e soprattutto dalla riconoscibilità.
oggi infatti è più comune sentir parlare di un progetto alla Renzo Piano, piuttosto che alla Ghery, che non di progetto neo espressionista piuttosto che "futurmodernista". l'unica eccezione in questo senso, attualmente, penso la offra la corrente minimalista, anche se il più delle volte si propone come cifra modaiola più che come risultato di una ricerca.
ultima considerazione, e rimane comunque una mia opinione, è che parlando il linguaggio della nostra tradizione comunque ci sia ancora molto da dire, l'importante è farlo con un orecchio teso a ciò che ci arriva da fuori, pronti a recepire positivamente ogni messaggio e reinvestirlo in crescita ed sviluppo del proprio pensiero.
bye by WF