ho letto e riletto ...: dibattere sulla grande architettura pensando che esista una ragione da far prevalere su un'altra, beh, penso sia come parlare del sesso degli angeli ... esiste un dato di fatto: la storia (per le architetture del passato, remoto e recente) e le riviste di settore con contenuti critici (purtroppo poche, pochissime, oramai) per il contemporaneo.
credo sia indispensabile passare attraverso queste fonti per poter maturare un senso critico nei confronti dell'architettura.
la letteratura in materia è indispensabile, oltrechè a conoscere le opere d'architettura, anche a comprenderne il significato, dalla genesi dell'idea alla concretizzazione del manufatto finale.
la letteratura in materia è indispensabile a collocare le opere d'architettura da un punto di vista temporale, dove il concetto di data sottende il concetto di stile, tendenza, sperimentazione, a disegnare un percorso evolutivo, del singolo architetto che si vuol prendere in esame come, estendendo il discorso, di interi movimenti culturali.
detto ciò, rimane il gusto personale: del resto una cosa può piacere o meno.
gusto personale da un lato e analisi storico/critica dall'altro rappresentano i due pesi sui piatti di una stessa bilancia: va trovato il giusto equilibrio ... affinchè l'uno non prevalga sull'altro e si corra il rischio di esaltare pittosto che svilire l'opera o più in generale il lavoro di questo o quell'architetto (per esempio Calatrava, che personalmente, per mio gusto, non mi esalta, ma che da un punto di vista critico, oggettivo quindi, è sicuramente annoverabile quale uno dei migliori esempi di ricerca in campo architettonico, mai schiavo delle mode, coerente nell'affrontare i temi più disparati, forte di un linguaggio consolidato e di una cifra stilistica assolutamente originale e ... direi, vincente).
ecco perchè affronterei il dibattito con toni meno esposti, da simpatizzante più che tifoso ... la grandezza di un architetto non è mera questione di gusto come non può ridursi ad una mera questione quantitativa ... sicuro che, chi più realizza più è bravo (ci sarebbe da aprire qui un dibattito a parte sulla struttura che regge queste grandi industrie dell'architettura ... un architetto con decine se non centinaia di collaboratori, Partners, dovrebbere essere posto fuori classifica), ma oltre che di merito questo è un concetto figlio dell'oggi, della globalizzazione, della necessità di identificarsi e cosa è meglio di un marchio sdoganato di sicuro successo (gehry docet) preferito ad altri, a prescindere dalla sua reale bontà? ritengo, citando sempre gehry, che non siano tutte bilbao le sue opere recenti ... e ce ne sarebbero ancora di cose da dire, ma figuriamoci, mi son rotto io di rileggere sto sermone, che non so voi ... cmq ... mi scuso per la lungaggine e auguro una buona serata a tutti.
bye by WF