ArchiCAD, solo parametrico?
Forse è arrivato il momento di pubblicare un po’ di storia, ovvero come è nato Radar/Ch e ArchiCAD. In fatti credo che vale anche per i software come per le realtà biologici: con la nascita si stabilisce un certo DNA che imposta per tutto il futuro certe caratteristiche del “vivente”.
Negli primi anni ottanta, per finanziarci gli studi di Architettura, assieme con la mia moglie Rossana Mason avevamo un piccolo laboratorio nel quale costruivamo dei plastici per gli Architetti di Venezia. Andava abbastanza bene, ma per un mio folle amore per la perfezione usavamo soprattutto del plexi che elaboravamo a mano. In altre parole visto l’enorme tensione muscolare che serviva per tenere i pezzi durante l’incollaggio nella posizione esatta, avevo presto una schiena a pezzi. Soprattutto l’ultimo plastico mi ricordo con particolare “gioia”, dovevo incollare ca 400 pilastrini da 3*3*32mm, garantendo al Architetto la massima precisione per poter fotografare con un obiettivo a tubo l’opera da una vicinanza estrema.
Dopo una breve escursione in un universo parallelo in cui mi costruivo il primo computer e una fresatrici a controllo numerico, ho deciso che se è vero che sta per iniziare l’epoca del personal computer, allora varrebbe la pena di salvarmi la schiena ed indagare per una possibile simulazione di un edificio in quella direzione.
Eravamo nel marzo del 1984 quando assieme a Rossana partivamo, io con una giacca nuova e cappelli ben tagliati, lei bella come sempre, alla CEBIS, Hannover, che era in quel periodo la più grande fiera mondiale del computer. Durava, mi pare 10 giorni (altrochè SAIE☺) e credo che avevamo camminato qualche centina di chilometri. Ne abbiamo visto delle soluzioni molto impressionanti che giravano soprattutto sui VAX 750 della Digital Equipment, e costavano tra 200-300 milioni di vecchia Lire. Ci spiegavano che il tempo di addestramento era di ca 6 mesi, ed un operatore CAD poteva facilmente guadagnare 10-15 milioni netti al mese. Mostravano delle cattedrali gotiche e altre meraviglie dell’Architettura su enormi (!!!) monitor da 19” a colori. Le interfaccia erano quasi sempre di tipo Geometria Descrittiva, bensì i nodi sui modelli potevano essere stati spostati o editati. Quindi per inserire un muro semplice ci volevano appunto otto coordinate x,y,z, altre otto per l’apertura della prima finestra ecc, ecc.
A parte i prezzi irraggiungibili per una giovane copia di studenti, trovavo assurdo il tempo che serviva per inserire i dati. Erano applicazioni pensate per il settore meccanico, ma sicuramente non avrebbero sostituito i plastici che facevamo di un complesso di casa a schiera oppure di un condominio della IACP. Sarebbe stato quasi più veloce di tirare su i muri veri del edificio che inserire le coordinate uno ad uno.
Delusi decidevamo di fare una visita anche sul stand Apple (ovviamente eravamo orgogliosi possessori di un Apple II con un bellissimo stampante Epson 80). Avevo già sentito parlare di un computer di nome Lisa, che poi sarebbe diventata la madre di tutti futuri Macintosh e anche di tutte le versioni di Windows. In un area riservata, circondata di strane lenzuole bianche appese, ecco le meraviglie del futuro. Tra le varie soluzioni presentate mi colpiva un nome in particolare: RADAR (un acronimo per Raeumliche Darstellung, che in tedesco significa rappresentazione spaziale). Sul monitor venivano rappresentate in una assonometria dei tubi di un impianto industriale con ombreggiature.
Appena stabilito che eravamo tutti Ungheresi (eccetto Rossana che ancora non so cosa pensava in quel momento☺), ricevevo la mia prima ora di navigazione nel GDL (Geometrical Describtion Language). Che soluzione geniale: usare un semplice file di testo per descrivere uno spostamento di un punto virtuale nello spazio, e depositare li un oggetto geometrico semplice con parametri dimensionali, poi spostarsi nuovamente ad un'altra coordinata e depositare li un altro oggetto ancora. La descrizione poteva essere salvata come un nuovo oggetto il quale poteva poi essere usato con altri spostamenti nello spazio. Quindi si creava una gerarchia di nidificazioni che permetteva una massima flessibilità di parametrizazione e di un uso estremamente semplice di modellare nello spazio. Il risultato poteva essere visionato in assonometria con un calcolo sia di rimozione delle linee nascoste sia di ombreggiatura. In tutta la fiera non avevo visto niente paragonabile per genialità e utilità. Loro, ovvero i primi soci della Graphisoft l’hanno sviluppato per un uso di controllo di impianti industriali. Infatti le tracce ci sono tutt’ora e chi di voi programma in GDL avrà forse incontrato dei strani nome come :
ARMC
A piece of tube starting from another tube; parameters according to the figure (penetration curves are also calculated and drawn). alpha is in degrees.
ARME
A piece of tube starting from an ellipsoid in the y-z plane; parameters according to the figure (penetration lines are also calculated and drawn).
ELBOW
A segmented elbow in the x-z plane. The radius of the arc is r1, the angle is alpha and the radius of the tube segment is r2. The alpha value is in degrees.
Tornando alla storia. Eccoci l’assemblatore che avevo cercato. In fondo un plastico non è nient’altro che un assembramento di singoli elementi che cambiano in dimensioni (parametri). Ora mancava solo un metodo famigliare al’Architetto di come coordinare l’inserimento degli oggetti nello spazio.
La prima considerazione che facevo era che l’Architetto a differenza del Progettista meccanico pensa nello spazio, ma disegna in pianta. Inoltre ci sono alcune regole che valgono quasi sempre (eravamo nel 1984 e non esistevano ancora clienti esigenti☺), ovvero, un muro è di spessore ed altezza costante e poggia su un piano, e che l’apertura di una finestra ha una altezza dal piano costante ecc, ecc. Quindi riuscivo inventare una interfaccia operativa dove le parte costante del oggetto venivano fissati nelle finestre dei parametri e le dimensioni variabili disegnati in pianta. Da qui il risultato che per inserire un muro bastono 2 coordinate x,y anziché 8 coordinate x,y,z. Per inserire una finestra basta addirittura 1 coordinata x,y, anziché 8 coordinate x,y,z.
Oltre che per semplificare il lavoro era anche da considerare che il Lisa aveva un CPU 68000, con un clock di 1 MHz, una memoria interna di 1 MByte e un HD di 10 MByte.
Come ho convinto Graphisoft di sviluppare una versione per l’Architettura? Semplice, ho comprato una licenza per 18 milioni (ancora non ho capito la banca in base a cosa mi ha dato il prestito) comunque ciò equivalèva in Ungheria a circa 360 milioni.
La prima versione commerciale l’ho venduto al telefono ad un Architetto di Moncaliere nel dicembre 1984. La prima libreria di oggetti è stato programmato da Rossana Mason che non aveva mai studiato o scritto niente d’informatica. Credo tutt’ora ci siano le sue tracce nelle varie librerie.
Per i primi 2-3 anni l’input per gli sviluppi venivano da Cigraph, poi piano piano Graphisoft ha trovato anche altri distributori, prima Abvent in Francia, poi in Ingliterra, in Belgio e molto più tardi in Germania.
Bensì oggi ArchiCAD non ha più niente a che vedere con il vecchio Radar, rimane comunque la cultura principale del lavoro tradizionale: disegnare il progetto in pianta, dando cosi le informazioni variabili interattivamente e lasciare modellare il computer l’oggetto 3D in base ai parametri stabiliti nelle finestre. Credo veramente che ogni grande software abbia la sua particolarità che sarà sempre la sua principale forza, ma anche il suo limite. Vedi AutoCAD, nonostante tutti i grandi miglioramenti, rimane un CAD che disegna linee, oppure REVIT, è stato rescritto credo due volte in 5 anni, e nonostante tutto si sente la sua radice di un CAD principalmente meccanico, ovvero flessibile nel modellare nello spazio, ma pesante quando si tratta di cose elementari della Architettura.
Senz’altro con la crescita del numero d’utenti, cresceranno anche i campi d’utilizzo e quindi servirà una maggiore flessibilità nel definire le procedure. Ma credo lo stesso che la base deve rimanere il metodo più comunemente usato nel lavoro: l’approccio progettuale via il disegno della pianta, usando parametri per la modellazione. E soprattutto dobbiamo sempre miglioralo!
Oggi, durante una riunione strategico ho chiesto l’opinione dei presenti se l’attuale versione di ArchiCAD è tutt’ora giocosa, piacevole nel uso. E’ nato una tale rissa tra i presenti (tutti erano collaboratori di Cigraph) che al fine ho dovuto interrompere la riunione.
Morale?